GARBITCH (BE POP) di Rakele Tombini è un lavoro provocatorio racchiuso in una scatola, più precisamente in una confezione gigante di Barbie. La scultrice e scenografa originaria di Ascoli Piceno ha trasformato la “casa” di Barbie in un’installazione ambientale composta da oggetti riciclati dal sapore pop. GARBITCH è un’allusione ironica all’ “essere pop” che gioca con il linguaggio dei mass media e lo stile pop. Vuole essere l’appannaggio dell’ambiente fantastico della Barbie, la bambola che personifica tutti gli stereotipi dell’American way of life e che ha preso la fisionomia di Barbara Millicent Roberts, conquistando negli anni ottanta il mondo con il suo aspetto allegro e sorridente; con il suo corpo perfetto, bello e magro; con i suoi vestiti disegnati dai migliori stilisti di moda. Lo stereotipo femminile trova nell’impeccabile Barbie una versione meno aggressiva rispetto alla sex-symbol Marylin Monroe immortalata nelle serigrafie di Andy Warhol. Il mondo di Barbie è senza tempo, racchiuso nella confezione rosa dove si trovano gli accessori da bagno, gli articoli sportivi, il cambio di abiti. A Barbie non deve mancare nulla, perché nel suo mondo non deve esistere la povertà e l’infelicità, ma solo tenerezze e divertimenti, come sogna la società dei consumi. Barbie rispecchia l’Arcadia dell’infanzia con la sua atmosfera colorata e innocente, in cui si può identificare una bambina ma anche un’adulta, allo stesso modo GARBITCH riflette perfettamente l’immaginario femminile e in questo si distingue dagli stereotipi maschili della donna e dagli aspetti più erotici, sadici e feticisti tipici della Pop Art degli anni sessanta. Risulta, infatti, un lavoro distante dalle donne al bagno dipinte nel ciclo Grandi Nudi Americani da Tom Wesselman, o dal dipinto F /111 di James Rosenquist dove una bambina infiocchettata è posta accanto a un aereo militare, dalle donne sexy dei dipinti-fumetto di Roy Lichtenstein. Piuttosto che pop, GARBITCH è neo pop e neo concettuale: non rappresenta più icone femminili ma le sostituisce con oggetti che richiamano al mondo femminile, tornando ai vecchi ready made di Marcel Duchamp. Negli anni ottanta l’artista femminista Cindy Sherman ha criticato e parodiato gli stereotipi delle attrici e donne con fotogrammi cinematografici per mostrare il doppio volto della vita pubblica e privata. Negli anni novanta Vanessa Beecroft ha presentato performances collettive documentate con video che hanno forzato gli stereotipi del corpo femminile manipolato dallo schermo illusorio della moda e della pubblicità. In GARBICH non vi è alcuna forma di esibizionismo del corpo femminile, né viene usato il medium digitale del video e del performance, ma le sculture-oggetti sortiscono comunque un effetto spettacolare e allusivo al mondo femminile. L’oggetto sembra sostituire la persona in pieno stile pop, o meglio neo pop, e la presenza umana si percepisce soltanto attraverso le tracce e residui del suo passaggio. L’ambiente di Barbie ricorda anche i pupazzi giganti e gli oggetti superflui di Jeff Koons, il quale eleva a monumenti cianfrusaglie intinte di kitsch celebrando le “buone cose di pessimo gusto” e la strategia di Haim Steinbach che pone in bella vista oggetti usati, disposti secondo la grandezza, per mettere in risalto il piacere di collezionare oggetti anche di cattivo gusto. Koons e Steinbach mostrano le passioni e le curiosità più recondite del consumatore che non riesce a resistere alle tentazioni del mercato e continua ad accumulare con avidità quantità di oggetti curiosi quanto inutili, nuovi e vecchi e senza reminiscenze surrealiste. Rakele Tombini adotta invece una strategia artistica simile ma al negativo, perché guarda al presente piuttosto che al passato. L’accumulo di oggetti familiari quantifica e bilancia l’assenza dei suoi proprietari, mostra la loro presenza nel tempo. Come sosteneva Michelangelo Pistoletto, in riferimento al suo ciclo Oggetti in meno, ogni cosa sottratta alla realtà è un desiderio in meno dell’artista e un oggetto in meno nel mondo. Se si guarda con attenzione, anche Rakele Tombini ha adottato un processo di sottrazione: l’enorme confezione di Barbie ha infatti perso la sua padrona. Barbie non c’è, ma dov’è andata a finire? E’ uscita dalla sua scatola senza mettere a posto casa, lasciando in giro strani oggetti che sembrano dimenticati e recuperati da qualche cantina. Forse Barbie è andata a Milano a vedere la prima retrospettiva sulla Barbie organizzata nel Museo della Cultura? Incredibile ma vero, il Museo di Milano sta ospitando una vasta collezione di Barbie che copre 56 anni della sua esistenza. Da semplice bambola Barbie è diventata una super star, un’altra icona della nostra società che non sembra invecchiare, anche se Rakele Tombini sembra considerarla un reperto da museo. Nell’installazione ambientale, difatti, il mondo di Barbie pare divenire addirittura un reperto archeologico messo in bella esposizione. Nella scatola rosa di Barbie e attorno ad essa si trovano diversi oggetti trovati e lavorati dalla mano esperta dell’artista, i quali non hanno l’aspetto di freddi ready made duchampiani incorniciati e posti su scaffali o piedistalli in bella vista come opere d’arte, ma mantengono piuttosto un carattere familiare e una certa valenza affettiva. Rakele Tombini costruisce uno scenario immaginario che assomiglia a una zona archeologia industriale costellata di reperti abbandonati che conservano per lo spettatore qualcosa di familiare. Forse l’assenza di Barbie, la sua confezione-casa-bara rosa allude al desiderio di possedere qualcosa che non c’è più, come il mondo felice dell’infanzia. L’assenza e la memoria alimentano da sempre l’arte, aumentano il senso del mistero e dell’immaginazione nello spettatore, ma per non perdere la loro essenza e verosimiglianza hanno bisogno di conservare un costante legame col presente. L’opera BE POP - GARBITCH presenta con vivacità “l’essere pop” di Rakele Tombini, forza i labili confini tra linguaggio effimero dei mass media e la matericità dell’oggetto, tra presenza e assenza umana, aprendo delle zone franche dell’immaginazione dove la realtà si perde nel ricordo e nell’appannaggio dei nostri desideri.
Garbitch (Be Pop) Installazione, Brancaleone - Roma Dicembre 2015
Garbitch (Be Pop) Installazione, Brancaleone - Roma Dicembre 2015
Garbitch's Performance L'Arte della Pietra - Whisky Notte, Ascoli Piceno Marzo 2016
Garbitch's Project - Barbie Like a Virgin Installazione e Perfomance, Ex Dogana - Roma Dicembre 2016
Ziggy Stardust - Mars Zyme (maxi e mini edition) Assemblaggio Polimaterico Maggio 2017
Garbitch SALE Installazione, evento RAW a cura di Ilaria Giacobbi per Morsi D'Arte, Roma Ottobre 2017
GARBITCH SALE: un'installazione di Rakele Tombini
Curatore: Ilaria Giacobbi
Agli inizi degli anni sessanta in USA esplode il fenomeno della Pop Art, caratterizzato dalla tendenza ad utilizzare oggetti e materiali visivi legati al mondo della popolar colture: il travolgente successo ha origine dalla natura del suo linguaggio, capace di interessare un pubblico molto vasto per i suoi continui ed espliciti richiami all’immaginario popolare, alla sfera commerciale. Un fenomeno artistico che si poneva oltre le avanguardie ma di esse si componeva, quando tutto era già stato detto ma il mondo continuava a cambiare così rapidamente e l’arte non poteva restare a guardare, anzi veniva stravolta all’ interno: pittura, fotografia, design, illustrazione, cinema e video realizzati in serie come prodotti commerciali; si accorciano le distanze tra l’arte “alta” dei grandi pittori e quella “bassa” della comunicazione, dei fumetti e della pubblicità.
La Barbie, la Coca Cola, le Marylin, Red Elvis, le Jackie, le Zuppe Campbell’s , soggetti scelti per l’ impatto e l'immediatezza della riconoscibilità, che siano essi personaggi dello star system, prodotti commerciali, fatti di cronaca e gossip.
Nel 1959 la fashion dollBarbara Millicent Roberts (nome completo della bambola Barbie) viene messa in commercio come “giocattolo di massa”: forme sinuose, sensualità e fascino delle grandi dive americane, simbolo di un cambiamento sociale ed epocale. Eternamente bella, eternamente perfetta, rappresenta la donna a cui tutto è possibile, spogliata degli abiti di “mamma e casalinga” palesa il suo essere all’ interno della società attraverso l’outfit: “cambia i tuoi abiti sul palcoscenico della vita, puoi essere la donna che vuoi, ma essenzialmente una Barbie”. Una Super Star che detta la moda e lo stile, musa di artisti e stilisti come Dior, K. Lagerfeld, C. Klein, Ralph Lauren, Valentino, Armani, è la prima bambola adulta che si consacra nell’immaginario collettivo come regina della cultura Popular, perché di essa ne è continuamente filtro e immagine riflessa. Andy Warhol con il suo “occhio Pop” ne coglie l’essenza e la sua valenza socio/antropologica consacrandola ufficialmente, con due opere, come Icona (di se stessa).
In occasione del ROME WEEK ART 2017 Morsi d’Arte continua il suo progetto di sperimentazione artistica: lo spazio espositivo diventa luogo d’ elezione, una Factory in cui gli artisti operano come in una grande bottega medievale. Un’officina dove tutti sono mossi da un intento comune, l’Arte in divenire, riflesso/manifesto di ogni epoca, esaltandone il rapporto dialettico con lo spettatore.
GARBITCH SALE
Attraverso tecniche di derivazione avanguardista e ispirandosi al mondo della popular imagery Rakele Tombini realizza GARBITCH SALE, a partire da GARBITCH (BE POP), un’installazione concettualmente POP nel linguaggio e nel contenuto: l’artista sceglie come soggetto/oggetto della sua creazione la dimensione fantastica di Barbie, icona di quella popular colture che si colloca nel mezzo di una frattura sociale fra il pre & post plastica. In bilico tra rappresentazione e verità, Rakele Tombini realizza installazioni che sono ambientate, come set cinematografici, in “frammenti” di interni (o di esterni) costruiti con mobili, oggetti di uso comune “prelevati” direttamente dalla vita quotidiana delle donne, prima di essere gettati nell’immondizia, per poi essere “barbizzati” con l’uso della vernice rosa shocking (l’utilizzo del colore appare intrinseco alla consistenza materiologica). L’artista propone “complessi plastici”, con l’implicazione cromatica del rosa accentua il parallelismo tra Barbie e GARBITCH, costituzioni esplicitamente oggettuali in cui istituisce o compone elementi esistenti che dialogano con l’ambiente esterno: l’opera d’ insieme risulta essere data dall’espansione dell’intervento plastico-pittorico alla totalità ambientale di uno spazio. Rakele Tombini con Gabritch non opera un confronto a distanza ma agisce entro la componente denotativa del linguaggio artistico (e non): questo risulta essere il modo di costruzione strutturata della espressione-comunicazione visiva, istituito dall’artista, per forza connotativa personale, creativa, trasformando la contestualità con la quale si confronta e che utilizza. La galleria diventa un supermarket e l’opera d’arte scende dal piedistallo, si assiste ad un spostamento concettuale del suo reale valore: la creazione non viene più celebrata ma, poiché oggetto POP desunto dalla quotidianità, assimilato a merce, (s)vendibile sullo scaffale di un supermercato. Lo spettatore è parte integrante dell’installazione, Rakele Tombini osa, ironizza, come un silente regista costruisce un set cinematografico, apparentemente senza attori. Un supermercato dove il fruitore diventa componente attiva della svendita (dell’opera) d’arte. Non più un futuro in cui ognuno sarà famoso per quindici minuti, ma un presente in cui le Icone sono svendute ed essere POPular è solo una questione di #like. Con GARBITCH SALE da un lato si assiste al tentativo di rinsaldare il rapporto tra arte e vita, trascinando la seconda nella prima, in una condizione di reciprocità; dall’altro, alla riflessione sul senso e sulla destinazione dell’opera d’arte e sui caratteri della comunicazione visiva.
Testo Critico Ilaria Giacobbi
Garbitch SALE Installazione, evento RAW a cura di Ilaria Giacobbi per Morsi D'Arte, Roma Ottobre 2017